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autore
brano
 
Cicerone
De senectute, 42
 
originale
 
42. Quorsus hoc? Ut intellegeretis, si voluptatem aspernari ratione et sapientia non possemus, magnam habendam esse senectuti gratiam, quae efficeret, ut id non liberet, quod non operteret. Impedit enim consilium voluptas, rationi inimica est, mentis, ut ita dicam, praestringit oculos, nec habet ullum cum virtute commercium. Invitus feci, ut fortissimi viri T. Flaminini fratrem L. Flamininum e senatu eicerem septem annis post quam consul fuisset, sed notandam putavi libidinem. Ille enim, cum esset consul in Gallia, exoratus in convivio a scorto est, ut securi feriret aliquem eorum, qui in vinculis essent, damnati rei capitalis. Hic Tito fratre suo censore, qui proximus ante me fuerat, elapsus est; mihi vero et Flacco neutiquam probari potuit tam flagitiosa et tam perdita libido, quae cum probro privato coniungeret imperi dedecus.
 
traduzione
 
42 Cosa si propone questo racconto? Vuole farvi capire che, se non fossimo in grado di respingere il piacere con la ragione e la saggezza, molto dovremmo esser grati alla vecchiaia capace di non farci desiderare quel che non si deve. Il piacere, infatti, ostacola la capacit? di giudizio, ? nemico della ragione, abbaglia, per cos? dire, gli occhi della mente e non ha niente a che vedere con la virt?. A malincuore feci espellere dal senato, sette anni dopo il suo consolato, Lucio Flaminino, fratello del valorosissimo Tito Flaminino, ma credetti mio dovere bollarne la dissolutezza. Quando si trovava in Gallia come console, durante un banchetto si lasci? persuadere dalle preghiere di una prostituta a giustiziare personalmente uno dei prigionieri che erano condannati a morte. Finch? fu censore suo fratello Tito - che esercit? tale carica subito prima di me - se la cav?; ma n? io n? Flacco potemmo ammettere in alcun modo una dissolutezza tanto scandalosa e depravata, che associava alla vergogna privata il disonore della carica.
 

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